Siamo genitori di…
L’articolo è stato pubblicato sul giornale dell’Associazione “Selbsthilfe – Auto Aiuto”, Nr. 3/2015.

La coppia di genitori intervistati ha due figlie. La più piccola, racconta la mamma, è sempre stata molto sensibile e orgogliosa. Pretendeva sempre il massimo da se stessa. A 20 anni, al secondo anno di università, incominciò a lamentarsi per la difficoltà di concentrazione, a ritirarsi in se stessa e ad avere continuamente problemi di salute. A me venne il sospetto che poteva anche trattarsi di depressione. Iniziò un trattamento farmacologico insieme con la psicoterapia. Dopo due mesi interruppe sia la cura medica che quella psicologica, poi anche lo studio e tornò a casa. Impossibile convincerla a riprendere le cure: potevamo soltanto assistere al suo peggioramento.

Non sapevamo proprio che cosa fare, ci sentivamo impotenti. Non la riconoscevamo più. Ad un certo punto non ci è rimasto altro da fare che portarla in ospedale. Devo dire che il suo ricovero in psichiatria è stato per me personalmente quasi un sollievo, perché finché era a casa non osavo mai perderla di vista.

In seguito mio marito ed io non siamo stati sempre d‘accordo su come comportarci. Lui, ad esempio, l‘avrebbe fatta subito uscire dall‘ospedale. Su una cosa però siamo stati sempre dello stesso parere, e cioè che avremo fatto e tentato tutto il possibile per aiutarla.

Anche la nostra figlia maggiore è stata naturalmente coinvolta, però sono contenta che sia riuscita a mantenere la giusta distanza. Così c‘è almeno uno in famiglia che mantiene sempre i nervi a posto.

Nostra figlia è stata ricoverata con la diagnosi di psicosi. Durante il ricovero i medici hanno stabilito la diagnosi „sospetto disturbo bipolare”. Nostra figlia però non era del tutto consapevole della problematica. Nei miei riguardi reagiva per periodi in modo scostante, perché l‘avevo portata in psichiatria e si rivolgeva più volentieri a suo padre.

La mia fatica più grande è stata dover sopportare che medici e psicologi della psichiatria non riuscivano a trovare nessun punto di contatto con lei.

I nostri parenti ed amici sono informati della situazione. Non potevamo nascondere il ricovero in psichiatria. Però soltanto i parenti stretti sono a conoscenza della diagnosi. Alcuni parenti e conoscenti che hanno esperienza di malattia psichica ci sono venuti incontro e ci hanno dato aiuto. Con loro possiamo parlare apertamente dei nostri problemi. Personalmente trovo grande aiuto frequentando il gruppo di auto aiuto per familiari.

Quando mia figlia è uscita dall‘ospedale ci siamo rivolti al Centro di Salute Mentale. Però mia figlia non è riuscita ad avere fiducia né negli assistenti sociali, né nei medici e psicologi ai quali era stata assegnata, per cui ci siamo rivolti ad un altro medico. Questo per prima cosa le ha cambiato la terapia farmacologica, perché gli effetti collaterali erano per lei insopportabili. Abbiamo anche trovato una psicoterapeuta, con la quale si trova meglio. Intanto, dopo quasi un anno e mezzo di alti e bassi, sopporta anche bene i medicinali.

Quando ci siamo accorti che tra i nostri conoscenti ci sono molte persone che hanno problemi psichici e che riescono a conviverci benissimo e abbiamo riacquistato la fiducia. Cerchiamo di restituirle la responsabilità verso se stessa, perché ormai è adulta e la responsabilità non può essere di altre persone.

Adesso abbiamo ritrovato coraggio e speranza perché finalmente nostra figlia è consapevole di aver bisogno di cure mediche e le segue. Siamo felici di ogni suo progresso, anche se lento. Io cerco di concentrarmi, ma non sempre mi riesce, sulle cose positive. Che la malattia abbia portato anche qualcosa di positivo nella mia famiglia non riesco ancora a vederlo.

Se tornassi indietro di sicuro insisterei con più energia e soprattutto per tempo per farle accettare l‘aiuto medico. Ma quella volta non avevamo proprio alcuna esperienza di questa malattia.

 

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